
Crash è un film molto bello, questo non lo possiamo negare. Per quanto si possano criticare diversi aspetti nel complesso l'opera di Haggis è ben equilibrata, emozionante, forse un pò fredda in certi punti ma decisamente toccante. I temi del latente razzismo che ancora vive negli Stati Uniti, la xenofobia, la "sindrome post 9/11". Haggis intreccia diverse storie in una città che ha fatto del cosmopolitismo il suo cavallo di battaglia, criticando l'egoismo, il pregiudizio. E' il segreto di pulcinella, in pochi osano dirlo ad alta voce.

C'è una morale spicciola dietro ogni personaggio, ci sono vincitori e sconfitti, ma il manicheismo (citato anche da Kekkoz blogger di GiovaneCinefilo) non convince per la mancanza di indispensabili sfumature.
Due ore non bastano a portarci nel mondo dei personaggi. Alla fine del film non abbiamo che una timida conoscenza di ognuno di loro. L'omniscienza che Haggis ci concede, ci permette la creazione di un affresco di cui conosciamo i collegamenti (i "Crash") ma non i protagonisti.
Debole è il personaggio della Bullock, per esempio. Per capirlo abbiamo una breve telefonata e una caduta dalle scale. Tutto qui. Così per quasi tutti gli altri personaggi.
Ecco allora il limite della sceneggiatura. E' decisamente più adatta ad un serial televisivo, più episodi che approfondiscano le storie e le persone. Due ore davvero non bastano.
Nonostante questo grande limite, "Crash" ci è piaciuto. Il debito verso "21 grammi", "American Beauty" e "Magnolia" è davvero forte ed evidente, ma non penalizzante.